Ogni pochi passi, dalle interminabili processioni di uomini, donne, bambini, si levava la preghiera o l’invito o il saluto di «Misericordia e pace!». I cortei salmodianti dei penitenti partiti dal Piemonte e dalla Liguria nella primavera del 1399 raggiunsero la Lombardia, il Veneto, l’Emilia, la Toscana, Venezia. I cortei di ogni sesso, età e ceto, dai lunghi vestiti bianchi avevano raggiunto Assisi per poi indirizzarsi nel Reatino, e rientrare a Terni e quindi a Orvieto, da cui in diecimila - narrano le cronache del tempo - avevano iniziato il viaggio verso la meta finale, Roma, giungendovi in ottobre. Qui il papa, Bonifacio IX, colpito da quella imponente dimostrazione di fede di popolo aveva indetto e proclamato un giubileo straordinario. In ogni località attraversata dalle processioni le cronache riportano gli eventi che si erano registrati come la rappacificazione tra nemici giurati o tra componenti di famiglie divise da odio inestinguibile.
Fu questo il cammino dei Bianchi un fenomeno religioso con caratteristiche di spontaneità pressoché uniche nella storia, che scomparve nel breve giro di un anno a Roma durante il Giubileo del 1400, con la stessa velocità con cui era nato.
Si trattò di un movimento originato tra il Nord Europa e l’Italia Settentrionale alla fine di un secolo particolarmente segnato da sofferenze, da catastrofi come la “peste nera”, terremoti, alluvioni e da guerre con orrendi massacri oltre che da avversioni, ostilità e rancori, sfociati in stragi tra le fazioni che insanguinarono praticamente tutte le città italiane. Sorsero così i “Bianchi” che invocavano la misericordia e la pace, caratterizzandosi per digiuni, astinenze ed estenuanti processioni durante le quali recitavano preghiere e intonavano laudi, anche improvvisate.
Quando la processione, partita da Valverde di Rezzato, vicino Brescia, a seguito dell’apparizione di Cristo a un contadino, giunse in Umbria, ad Assisi, accadde un ulteriore fatto miracoloso: un bambino confidò al padre, impegnato a potare degli ulivi, di aver visto la Madonna che sollecitava tutti a chieder perdono dei peccati, ad abbracciare la “devozione” e a partecipare ai cortei penitenziali per emendarsi dai peccati e sfuggire alle pene dell’inferno. Correva il settembre 1399 e subito, sul luogo, venne eretta una chiesetta, dedicata alla Madonna dell’Oliva, arricchita da un affresco che racconta la prodigiosa apparizione.
I Bianchi durante il loro pellegrinaggio verso Roma attraversarono anche la Sabina: l’evento rimase talmente impresso nella memoria degli abitanti che all’interno della chiesa di San Paolo a Poggio Mirteto e della chiesa di San Pietro ad Muricentum a Montebuono si conservano due affreschi che ricordano questo passaggio.
A Poggio Mirteto si può ammirare nel primo riquadro il miracolo avvenuto a Valverde di Rezzato da cui si è originata la processione penitenziale: un contadino, mentre stava lavorando la terra, vide comparire improvvisamente nostro Signore che gli chiese di prendere dalla bisaccia il suo pasto, composto di tre pani, e di gettarlo in uno stagno poco distante. Il contadino, seguendo la richiesta di Gesù, s’incamminò verso lo stagno ma, giunto sulla riva, fu fermato dall’apparizione della Madonna, rappresentata nel riquadro centrale, che gli rivelò il significato dei tre pani; essi rappresentavano la guerra, la fame e la peste e se fossero stati gettati nello stagno quei terribili castighi avrebbero devastato tutte le terre intorno.
A quel punto il contadino, dopo esser tornato dal Signore e aver raccontato del suo incontro con la Madonna, ricevette l’assicurazione che solo uno dei tre castighi sarebbe stato messo in atto, mentre gli altri due, grazie all’intercessione della Vergine, erano annullati. Quel povero uomo, quindi, sovrastato da tale enorme responsabilità, gettò nel laghetto un solo pane, simbolo della peste. La Madonna gli chiese, allora, di tornare al suo paese per raccontare la vicenda che appena vissuta, ed esortare le genti ad abbandonare le vie del peccato e vivere cristianamente.
L’ultimo riquadro di destra raffigura invece l’apparizione della Madonna al figlio di un potatore di olivi nei pressi di Assisi nel 1399. La Vergine dalle fronde di un olivo invita il ragazzo a recarsi in città per esortare tutti alla riappacificazione e alla conversione.
L’episodio è affrescato anche a Montebuono con il medesimo schema iconografico: al centro la Madonna e il ragazzo, mentre un po’ distante si scorge il padre del fanciullo, con una roncola in mano stupito e spaurito per la visione. In alto a sinistra è rappresentata la città di Assisi, mentre in alto al centro, in una visione paradisiaca, si scorgono san Francesco e santa Chiara in preghiera circondati da angeli.
Durante l’Anno Santo del 1400 la peste si diffonde con virulenza in tutta l’Italia centrale, facendo strage di migliaia di persone. Anche gli stessi Bianchi, ovviamente, furono colpiti da tale pandemia e moltissimi tra loro morirono tra sofferenze e tormenti.
Il movimento così scomparve in un tempo brevissimo dalla dua nascita. I suoi propositi, però, non furono del tutto dimenticati, i suoi ideali hanno costituito le basi su cui sono sorte diverse Confraternite laicali cattoliche, la maggior parte delle quali veste, ancora oggi, un abito bianco in memoria delle lontane vicende del 1399. Un affresco quattrocentesco nel Monastero delle Clarisse Eremite di Fara in Sabina, realizzato all’interno della vecchia chiesa di Santa Maria in Castello, oggi sede del Museo del Silenzio, raffigura un gruppo di Bianchi che si rifugia sotto il manto della Vergine Maria. Ma cosa rappresentò, realmente, il movimento dei Bianchi in quello scorcio di medioevo? Forse la definizione più corretta la fornisce Mario Marrocchi: “Essi non furono persone né istituzioni: furono un’idea, quanto mai malleabile e docile, trasversale e qualunquista. Furono il prodotto di un ceto medio cittadino e borghese, ben recepito da istituzioni impegnate ad arginare inquietudini che sarebbero potute sfociare in più cruente manifestazioni. Così la devozione venne bene accolta da quelle autorità convinte di poterla controllare e volgere a proprio favore: capace di rispondere alle esigenze di chi la recepiva ma incapace di affermarsi là dove trovava una resistenza”. Il successo del moto dei Bianchi va ricercato anche nella speranza, insita nell’uomo del medioevo, di riuscire a rinviare la morte incombente e nella promessa della salvezza della propria anima.