Le librerie in pitch-pine, abete, rovere e noce che arredano a tutta altezza le aule storiche della Biblioteca Carlo Manzia sJ sono state realizzate tra il 1897 e il 1902 nella falegnameria del Pontificio Collegio Leoniano, direttamente da fra' Antonio Sebastiano Sartori esperto falegname gesuita che, negli anni della sua permanenza al Leoniano, assemblò tutti i mobili e i corredi in legno che ancora si trovano nelle stanze del Collegio.
Disporre di una biblioteca adeguata all’alta funzione formativa del Seminario, era stato un desiderio di Leone XIII, convinto che i giovani in cammino verso il sacerdozio dovessero avvalersi di insegnamenti in tutte le discipline, in ambienti grandi e opportunamente predisposti per lo studio.
Così la Biblioteca è nata contemporaneamente all’entrata in funzione del Collegio, affidato da papa Pecci ai Gesuiti con il motu proprio Ad praeclaras laudes nel 1897; e ricevette in dono molti volumi provenienti dalla biblioteca personale del pontefice, tutti riconoscibili per la rilegatura in pelle o tessuto bianchi con impressioni ad oro dell’emblema leoniano.
Dopo quasi centotrenta anni di uso e conservazione del patrimonio libraio e delle monumentali scaffalature, i restauri finanziati nell’ambito del progetto DUC IN LATIUM consentono ora di riscoprire librerie e libri: legno, carta e tessuti; si tratta di supporti e materiali che raccontano tante storie, dal magistero di Leone XIII sulla formazione religiosa allo "stile gesuita", alla riscoperta di manifatture e in viaggio tra i saperi di fine Ottocento e inizi Novecento.
IL RESTAURO DELLE LIBRERIE
Il restauro delle librerie ha permesso di individuare le essenze con cui è stata allestita la monumentale biblioteca: struttura e scaffali in legno di rovere, modanature ed elementi decorativi in abete o pino, impiallacciature in noce. Così l’intervento di pulitura, risanamento e lucidatura degli arredi si è tradotto in un viaggio virtuale nella falegnameria di fra’ Antonio Sebastiano Sartori, che seppe utilizzare il patrimonio arboreo verosimilmente disponibile in loco avvalendosi dell’esperienza maturata in Brasile prima del suo arrivo al Pontificio Collegio Leoniano.
Proprio per indagare anche gli aspetti artigianali dell’assemblaggio di tutte le componenti, il restauro è stato curato congiuntamente da una restauratrice abilitata per il settore ligneo e da un falegname: è stato possibile appurare la massima precisione del lavoro di costruzione e di attenzione ai dettagli come i tagli ottagonali delle quattro colonne angolari e i profili delle cornici e sugli sportelli; dopo più di un secolo gli incastri sugli angoli a 45° sono rimasti stabili e la ferramenta impiegata nella struttura è quella originale.
Nel lavoro di risarcitura delle impiallacciature danneggiate sono stati impiegati fogli in noce provenienti dall’antica falegnameria leoniana, ormai dismessa ma ancora depositaria di pochi e pregevoli materiali e qualche attrezzatura del passato. Sono stati puliti e ripristinati i numeri romani in ottone, le lettere e la nomenclatura dei ventuno scaffali, introdotti dal bibliotecario padre Giuseppe
Quirico negli anni ’30, come comprova anche la fattura dei chiodi, già di produzione meccanizzata.
Il restauro si è tradotto in una rifunzionalizzazione delle librerie per la sicurezza del patrimonio librario, ma anche nella restituzione a lettori e visitatori di un luogo accogliente, frutto di abilità e competenze pratiche e operative, che oggi si tradurrebbero con l’espressione know-how to do ma con in più la sapienza ispirativa legata direttamente al progetto di Leone XIII per il Collegio anagnino.
IL RESTAURO DEI LIBRI
Tra i libri riconducibili al fondo di Leone XIII, donati dal pontefice o a lui correlati per contenuti biografici, temi, dediche o rilevanza documentale, sono stati selezionati ventidue volumi da restaurare prima dei processi di digitalizzazione e metadatazione che hanno riguardato complessivamente centootto opere.
Il restauro ha messo in evidenza la varietà delle tecniche di assemblaggio e legatura dei volumi, dalle edizioni rilegate in brossura ai libri impressi in oro con coperte in moiré e seta, in alcuni casi con risguardi decorati o marmorizzati. L’intervento, salvaguardando tutte le parti originali, ha ripreso le cuciture con fili refe di cotone, reintegrato i dorsi e le pagine lacunose con carta giapponese, consolidato i tessuti con crepeline di seta di Lione, ripristinato i nervi con canapa pettinata o ritorta: un lavoro accuratissimo in vista della conversione al digitale, ma anche della possibilità ritrovata di sfogliare questi bellissimi volumi.