Nel cuore di Rieti sorge un edificio che ha attraversato i secoli intrecciando la storia della città con quella della Chiesa universale. È il Palazzo Vescovile, antica sede vescovile e poi residenza dei pontefici itineranti, teatro di incoronazioni, incontri diplomatici, trasformazioni architettoniche. Oggi, questo luogo emblematico entra in una nuova stagione di valorizzazione culturale, grazie a un progetto che mette in dialogo memoria e innovazione.
Il percorso di visita prende avvio dagli spazi del Museo Diocesano e dalle strutture adiacenti, ospitate proprio all’interno del Palazzo. Qui, il patrimonio conservato – artistico, documentale, architettonico – si fa chiave di lettura per un racconto più ampio. Il Palazzo non è solo oggetto di studio e ammirazione: è soggetto narrante, protagonista di un’indagine che fonde rilievi tecnologici e fonti storiche, per rendere leggibile una vicenda urbana e spirituale che ancora oggi segna il volto della città.
Uno degli esiti di questo approccio di valorizzazione è stato la realizzazione di un video narrativo, costruito a partire da rilievi laser-scanner e riprese aeree. Attraverso immagini e voce, si restituisce l’evoluzione del complesso e la sua integrazione con la Cattedrale di Santa Maria, in un’unità architettonica frutto di compenetrazione e adattamenti successivi. Le trasformazioni sono raccontate non solo come sequenze storiche, ma come variazioni nello spazio, nei materiali e nei gesti che hanno abitato quei luoghi.
Dai fasti del Duecento – con i soggiorni di Innocenzo III, Gregorio IX, Bonifacio VIII – fino ai restauri promossi dal vescovo Rinaldi negli anni Trenta del Novecento, il Palazzo ha conosciuto alterne vicende, con aggiunte e adattamenti. Oggi, si porta avanti una riflessione sul suo significato e sul suo ruolo possibile, anche grazie al confronto con altre esperienze e contesti del territorio regionale.
Le tecnologie impiegate non sono semplici orpelli digitali, ma strumenti per ampliare la consapevolezza e favorire un’esperienza di visita che sia coinvolgente, ma non effimera. L’obiettivo è riattivare il senso di un luogo che ha custodito il potere e la fede, e oggi può tornare a generare conoscenza, appartenenza, responsabilità.
Nel Salone Papale, uno dei gioielli del Palazzo, temporaneamente adibito a spazio espositivo delle opere recuperate dopo il sisma del 2016, si è sperimentata già questa funzione pubblica e aperta. Il progetto non vuole sovrapporsi, ma dare continuità e spessore, immaginando il Palazzo come nodo attivo di una rete culturale e spirituale che attraversa l’intera regione. Una trama di luoghi, dati, immagini e racconti in cui il visitatore non è semplice spettatore, ma parte in causa: chiamato a percorrere, conoscere, custodire.