Cappella dei Santacroce

Edificio di culto

  • Vejano (VT)
  • Cappella dei Santacroce
  • Cappella dei Santacroce
  • Vejano, Cappella S. Croce

Presentazione

Probabilmente risalente all’epoca del passaggio del borgo di Vejano alla famiglia Santa Croce, nel XV secolo. Viene restaurata nel 1518 insieme alla Rocca Santa Croce. Nel 1587 si consolida la confraternita del Corpo di Cristo e viene costruita la pregevole cappella funeraria dei Santa Croce con la casa annessa. È costituita da due parti distinte: il monumento funerario vero e proprio e il vestibolo, aggiunto in un secondo tempo. L’architetto (che non può essere Antonio da Sangallo il Giovane perché la costruzione della cappella inizia nel 1554 quando egli era già morto), sembra essere Bartolomeo Baronino, legato alla scuola ed al fratello del Sangallo. Con la morte, nel 1559, di Onofrio Santa Croce, alcuni dei beni (tra cui la cappella funeraria) passano alla moglie e vengono poi venduti.

Bibl. e fonti: Tuscia minore: Bassano Romano, Caprarola, Oriolo Romano, Vejano, Roma [s.d], p. 72; Archivio vescovile di Viterbo, serie visite pastorali, visite di: Francesco Maria Brancaccio, 1646-1647, f. 154; Adriano Sermattei, 1720, vol. II, f. 26.

Architettura
La cappella dei Santacroce si trova ai margini dell’abitato del borgo, lungo una piccola via pedonale che termina proprio in prossimità del luogo di culto. L’asse dell’edificio è all’incirca nord-sud, con presbiterio a sud. Sul lato est confina con una casa del borgo, mentre sia il lato sud che quello ovest confinano con strutture edilizie ormai in stato di rudere. La cappella si compone di due parti iscritte in un rettangolo non perfettamente regolare: un’aula quadrata e un sacello di forma rettangolare, disposto con l’asse maggiore in senso trasversale, separato dallo spazio anteriore tramite un frontespizio architettonico tripartito da paraste. L’elevato dell’aula è semplicemente intonacato ed è coperto da una volta a schifo. Il sacello, entro il quale è collocato l’altare, è invece articolato completamente da un’intelaiatura architettonica realizzata in peperino. Sia le quattro fronti interne che il prospetto verso l’aula sono infatti scanditi in tre parti da paraste rialzate su piedistalli e coronate da capitelli ionici, al di sopra dei quali corre una trabeazione continua. La campata centrale nella fronte anteriore si presenta più ampia delle laterali e caratterizzata da un’arcata, in modo da costituire l’accesso al sacello dall’aula; mentre nel prospetto di fondo l’arcata corrispondente incornicia la mensa d’altare in peperino e una profonda nicchia voltata a botte. Nel prospetto anteriore del sacello, inoltre, le campate laterali sono forate ciascuna da due aperture sovrapposte; mentre nel prospetto di fondo nella medesima collocazione sono presenti finestre. Il sacello, soprelevato di un gradino, è coperto da una volta a schifo impostata direttamente sulla cornice. Ai lati dell’ambiente entro le arcate cieche e le sottostanti specchiature sono affisse lapidi in marmo. Al centro dello spazio, in posizione isolata, è collocata una nuova mensa in legno, aggiunta per adeguamento liturgico. Oltre alle quattro finestre del sacello, un’apertura a lunetta semicircolare, posta in facciata al di sopra del portale d’accesso, illumina l’interno dell’edificio. La facciata è a ordine unico, con paraste ai margini coronate da capitelli tuscanici, trabeazione e timpano triangolare che s’innalza più in alto della copertura dell’edificio; il tutto realizzato in muratura a vista eseguita in conci di tufo, mentre in conci di peperino figurano i piedistalli delle paraste. In peperino è anche realizzata l’incorniciatura del portale, definito da un arco inquadrato da paraste tuscaniche che sostengono una trabeazione e un timpano triangolare. La lunetta al di sopra di questo si presenta invece priva di cornice.

Architetto/progettista/artista

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