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Presentazione

Archivio Diocesano di Rieti - Luogo della memoria e della cura
Nel cuore della vita ecclesiale, l’archivio è più che una raccolta di carte: è custode della continuità, spazio in cui la storia prende forma e ritorna visibile. A Rieti, l’attenzione per la conservazione dei documenti affonda le radici nel dettato tridentino e trova un impulso forte a partire dal XVII secolo. Se un incendio nella prima metà del Cinquecento distrusse l’archivio vescovile, la volontà di ricostruire la memoria non venne mai meno.
I documenti più antichi oggi conservati risalgono alla metà del X secolo. Tra questi, gli Acta civilia del 1542 e le Visite pastorali dal 1549 offrono uno spaccato prezioso della vita ecclesiale e civile della diocesi. Ma più ancora delle date, conta l’azione dei vescovi che, nei secoli, hanno creduto nel valore degli archivi: da Marco Antonio Amulio, che già nel 1566 ne affermava la necessità, a Giorgio Bolognetti, che nel sinodo del 1645 ne stabilì in dettaglio la forma e le finalità.
Nel Novecento, la figura di Massimo Rinaldi rilancia con forza questa vocazione documentaria. In una circolare del 1938 raccomandava a ogni parroco di istituire un proprio archivio, non solo per custodire registri e atti, ma anche per raccogliere la storia viva di ogni comunità.
Oggi l’Archivio Diocesano continua a essere un punto di riferimento, non solo per gli studiosi, ma per quanti cercano di comprendere il legame profondo tra fede, territorio e storia vissuta.

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