Presentazione
L’origine della Biblioteca diocesana “Card. Cesare Baronio” di Sora risale al 1565, quando fu istituito il Seminario vescovile in obbedienza ad un decreto emanato nella XXIII sessione del Concilio di Trento. In questa sede fu dato a ciascun vescovo il mandato di erigere nella propria Diocesi un istituto, il “seminarium”, che garantisse la giusta formazione religiosa ai giovani votati ai ministeri ecclesiastici. Il vescovo di Sora, Tommaso Gigli (1561-1577), che a Trento aveva sottoscritto di persona il decreto, fu tra i primi a metterlo in atto, aprendo la scuola non solo ai futuri sacerdoti, ma anche a quei laici che non avevano le risorse economiche per intraprendere in altro modo gli studi. Con la dotazione dei testi di studio ai seminaristi iniziava anche la storia della Biblioteca diocesana; da quella prima piccola libreria si sarebbe sviluppato, tramite acquisti e donazioni, l’istituto culturale che conosciamo oggi. Strettamente legata alla sede del Seminario, la Biblioteca ne seguì le vicende costruttive, storiche e culturali. Il XVII secolo fu particolarmente infausto per il Seminario a causa dei danni alla struttura prodotti da frequenti terremoti. L’edificio fu ogni volta riadattato alla meglio, ma non resse al sisma del 1688. Fu allora necessario procedere ad una totale ricostruzione del fabbricato che riaprì le porte solo nel 1694. Nel frattempo la libreria ad uso degli studenti si era arricchita di nuovi volumi e nel 1730, durante l’episcopato di Gabriele de Marchis, fu aperta nel Seminario una vera e propria Biblioteca. Iniziava per l’Istituto un periodo fiorente che raggiunse il suo apice nella seconda metà del secolo. Sul finire del Settecento, tuttavia, si preannunciò una nuova epoca di decadenza. Le truppe di Ferdinando IV, dislocate a Sora per contrastare l’avanzata dei francesi, occuparono l’edificio per cinque anni, dal 1795 al 1800. Nei decenni successivi la crisi economica causata dalle guerre e dai rivolgimenti politici non permise ai vescovi che si succedettero nella Diocesi di risollevare le sorti dell’Istituto. Le aggiunte e le continue trasformazioni degli ambienti coinvolsero anche la Biblioteca che nel 1859 fu trasferita nelle stanze del Rettore. Nel 1861 il Seminario fu occupato dalle truppe piemontesi che tre anni dopo vi stabilirono un ospedale militare. L’intera Biblioteca fu così ricoverata in una casa privata. I piemontesi lasciarono il Seminario nel 1872, ma ormai il fabbricato, trasformato prima in caserma e poi in ospedale, necessitava di un completo restauro. Nel giro di un anno il Seminario tornò ad essere agibile ed in grado di ospitare nuovamente la Biblioteca; finalmente recuperati dalla casa privata, i libri furono sistemati al secondo piano del palazzo. Fu solo durante il mandato di mons. Raffaele Sirolli (Vescovo diocesano dal 1887 al 1899) che si crearono le condizioni per procedere ad una più coerente ristrutturazione dell’edificio. I locali furono rimodernati, ampliati, decorati, e anche alla Biblioteca fu dato uno spazio maggiore. Nel corso del XX secolo ad interrompere la vitalità della scuola fu di nuovo la violenza della natura, a cui si aggiunse quella dell’uomo: il 13 gennaio del 1915 il violento terremoto della Marsica causò morte e distruzione anche a Sora; il Seminario, seriamente compromesso da crolli e lesioni rimase chiuso fino all’autunno seguente. Con la Seconda guerra mondiale, infine, la situazione precipitò. Il Seminario fu danneggiato dai bombardamenti e trasformato in caserma per la seconda volta nella sua storia dai soldati tedeschi, che lo occuparono dal 1943 al maggio dell’anno successivo. A questo punto il rifacimento quasi totale dell’edificio non poteva più essere rimandato e finalmente nel 1957 i lavori giunsero a compimento. Alla Biblioteca era stata destinata una stanza al piano superiore dell’ala orientata a nord, ma in quel momento i libri si trovavano nei locali della Curia vescovile, dove erano stati trasferiti in occasione dei lavori. Qui il bibliotecario, mons. Gaetano Squilla, aveva inventariato e catalogato per autore tutti i volumi, riunendoli in 20 sezioni sulla base della disciplina di appartenenza. I libri erano stati collocati sugli scaffali con un criterio alfanumerico in cui una lettera dell’alfabeto indicava la materia del libro e un numero arabo la sua successione sul ripiano. Così sistemati i testi potevano rimanere nei locali della Curia e messi a disposizione degli studiosi. Nel 1977 la Biblioteca fu intitolata al cardinale sorano Cesare Baronio e aperta al pubblico. Nel 1990 si decise di rendere quei locali nuovamente disponibili per le attività della Diocesi e i libri furono portati di nuovo nel Seminario, ma durante il trasloco, effettuato da un ditta non competente, l’ordine dato da Squilla andò completamente perduto. Al disordine dei volumi si aggiungeva la mancanza di idoneità dei locali e l’eccessivo zelo con cui erano stati protetti i libri, tutti foderati con copertine che ne rendevano impossibile l’identificazione immediata. Fu mons. Luca Brandolini (Vescovo diocesano dal 1993 al 2009) a volere la rinascita della Biblioteca a dieci anni dalla sua chiusura. Fu ristrutturata, adeguata ed arredata un’ampia ala del Seminario, al fine di creare un complesso del tutto autonomo e, sotto la direzione del prof. Claudio Basile, fu fatta una paziente opera di riordino dei volumi su nuove scaffalature che si concluse nel 2002 con l’apertura al pubblico dell’odierno Istituto. La Biblioteca è suddivisa in quattro Fondi: il Fondo antico, il Fondo moderno, il Fondo speciale Vincenzo Tavernese e il Fondo periodici. Il Fondo antico è costituito da oltre 4.300 volumi, di cui fanno parte 6 incunaboli, più di 230 cinquecentine e circa 900 seicentine. Attualmente la consistenza del Fondo moderno supera i 33.000 volumi. La Biblioteca è articolata su due piani. A piano terra sono ubicate una sala per la conservazione del Fondo moderno, la sala consultazione per gli utenti che comprende la reception, ed i servizi. L’edificio non ha barriere architettoniche. Al primo piano si trovano due sale per la conservazione del Fondo antico, intitolate a mons. Biagio Musto (Vescovo diocesano dal 1952 al 1971).