Presentazione
La chiesa di S. Giovanni in Zoccoli - con annesso un ospedale intitolato
ai SS. Giovanni e Vittore e retto dall’Ordine
Gerosolimitano - è citata già nel 1233 ed è indicata come parrocchia già
nel 1236. Nel detto ospedale, in quegli anni, risiedeva uno dei primi seguaci
di s. Francesco: fra Soldanerio che - come era norma per i minori al principio
del loro esercizio - aveva prescelto a sua abitazione un luogo di cura. Già in
quell'epoca la storia di S. Giovanni è legata alle vicende di alcuni dei più
importanti personaggi che hanno segnato il passato di Viterbo, a cominciare
dall’opera e dall’apostolato di s. Rosa che, bambina, riceve dalla Vergine
Maria l’ordine di recarsi processionalmente alle chiese di S. Giovanni e di S.
Francesco. Nel 1256 S. Giovanni è ancora elencata tra le chiese minori della
città e soggetta alla cattedrale di S. Lorenzo. Ma il XV secolo la vedrà
rivestire un ruolo di sempre maggiore importanza, come testimoniano l'elevato
reddito e le imponenti opere che la abbelliscono. In questi anni infatti,
l’agiato stato economico di S. Giovanni in Zoccoli è testimoniato dall'opera
dei suoi santesi che contribuiscono, donando oggetti sacri, ad aiutare la vita
politica e sociale della Città, sostenendo l’esercito della Lega Italica di
passaggio a Viterbo. Nel 1558 il territorio di competenza della parrocchia di
S. Giovanni si espande, grazie alla soppressione della vicina parrocchia di S.
Mattia e, pochi anni dopo (1578), i provvedimenti emanati dal card. Alessandro
Farnese modificheranno la zona circostante l'edificio. Ancora nel 1622 la
parrocchia di S. Giovanni in Zoccoli risulta tra le più popolose, con 1050
abitanti e, alla fine del secolo, la costruzione della scuola voluta dalla
viterbese Rosa Venerini per le fanciulle povere comporterà alcuni cambiamenti
nei dintorni della chiesa. I primi anni del 1800 vedono ancora S. Giovanni al
centro dell'attenzione del clero viterbese per il trasferimento, nella casa
canonica attigua alla chiesa, del vescovo Dionisio Ridolfini. Pochi anni dopo,
soppresse le corporazioni monastiche ed espulsi i religiosi, alcune chiese
della città vengono chiuse e la cura di S. Giovanni in Zoccoli viene trasferita
in S. Caterina. Le successive notizie riguardano i restauri del 1880 realizzati
con la collaborazione del Ministero della Pubblica Istruzione, del Comune e di
alcuni privati che ne modificheranno notevolmente la struttura. In quello
stesso anno la chiesa sarà riaperta al culto e, all’inizio del 1900, sarà
nuovamente consacrata dal vescovo Grasselli. Le ristrutturazioni seguite ai
bombardamenti aerei del 1944, libereranno la chiesa dalla canonica
settecentesca che le sorgeva sul lato destro.
Architettura
La chiesa di San Giovanni in Zoccoli è situata all’interno delle mura storiche della città e confina a destra e sul retro con piazza Dante Alighieri, a sinistra con edifici privati; mentre si erge con la sua facciata su via Giuseppe Mazzini.
L’impianto è basilicale a tre navate, di cui la centrale molto ampia, e terminazione triabsidata, ed è disposto secondo l’asse est-ovest. Le navate sono divise da cinque arcate a doppia ghiera su pilastri cilindrici arricchiti da capitelli scolpiti in varie fogge; alle estremità le arcate poggiano su una semicolonna in controfacciata, mentre in corrispondenza del presbiterio su di un pilastro con semicolonna addossata.
All’edificio si accede tramite due ingressi, uno posto in facciata, preceduto da quattro gradini e seguito da una bussola lignea, e un altro sul lato destro in corrispondenza della seconda arcata e direttamente aperto su piazza Dante Alighieri.
L’area presbiteriale, ampia quanto le navate e corrispondente all’ultima arcata, è rialzata di cinque gradini e ospita al centro la mensa, mentre, addossato all’abside e rialzato su due gradini semicircolari, si trova un sedile in pietra. Da una porta posta sulla parete di sinistra del presbiterio si accede alla sagrestia.
Nella navata di sinistra, in corrispondenza della quarta arcata, si apre la porta d’accesso dell’unica cappella laterale, preceduta da tre gradini; si tratta di un vano autonomo a pianta rettangolare e copertura piana, sulla cui parete di fondo è addossato un altare con frontespizio in marmi policromi.
Quattro monofore per lato, non in asse con le arcate sottostanti e un rosone in controfacciata illuminano la navata centrale.
Le navate laterali sono diversamente illuminate; infatti, nella navata di destra si aprono tre monofore e una in controfacciata, mentre nella navata sinistra sono presenti una sola monofora lungo la parete e un’altra in controfacciata; l’area presbiteriale è rischiarata da monofore collocate nelle absidi.
La chiesa è coperta da un tetto ligneo a due falde su capriate nella navata centrale e da tetti ad unico spiovente in quelle laterali.
La facciata, in conci di peperino, riflette la tripartizione interna, con porzione centrale innalzata che si conclude a due spioventi e parti laterali più basse che terminano ad unica inclinazione. Il prospetto è contraffortato da due arconi a sesto ribassato che scavalcano la via impostandosi sulla casa antistante.
Nella parte centrale si apre il portale d’ingresso in peperino, rettangolare, sormontato da una lunetta affrescata e incorniciato da una decorazione a fioroni quadripetali. In linea con il portale, più in alto si trova il rosone inquadrato da una cornice in mosaico arricchita nei quattro angoli da sculture in peperino rappresentanti i quattro evangelisti e ai lati da due aquile. Nelle due ali laterali si aprono le due monofore corrispondenti alle navate minori; in sommità una cornice a gola segue le inclinazioni dei tetti. Infine, nel basamento sono collocate griglie lapidee di areazione.
Un piccolo campanile a vela si trova al di sopra del tetto di copertura degli attuali locali della Caritas, situati nell’edificio adiacente al piccolo cortile retrostante la chiesa.