Diocesi di Sabina - Poggio MirtetoLe origini della diocesi di Sabina ruotano attorno a tre centri rilevanti per antichità e importanza, il cui sviluppo precede la diffusione del cristianesimo e si lega alla storia antica di Roma: Cures, Nomentum e Forum Novum. Tra IV e V secolo si assiste in tutta la Sabina a un’intensa diffusione del cristianesimo, attestata dalla presenza di strutture organizzative piuttosto articolate quali le sedi episcopali di Nomentum e di Cures Sabini. Nel 593 le due cattedre furono unite per volere di papa Gregorio Magno e a partire dal secolo IX la giurisdizione di Forum Novum oscurò l’altra. Delle tre diocesi rimase solo quella di Forum Novum, che una volta distrutto l’antico centro, cominciò a essere identificato come “Vescovìo”. Nell’876 le incursioni saracene costrinsero i vescovi ad abbandonare la sede per rifugiarsi nella più sicura Toffia, dove rimasero fino all’881. Per tutto l’alto medioevo, accanto alla giurisdizione diocesana si erano andate ritagliando spazi sempre maggiori le abbazie, che spesso erano riuscite a governare anche su luoghi non inclusi tra i loro possedimenti. È il caso, in questa zona, dell’abbazia di Farfa, cenobio benedettino che crebbe e prosperò enormemente. Dalla posizione geografica favorevolissima, a metà strada tra Roma e Spoleto, Farfa trasse per molto tempo grandi vantaggi giungendo a esercitare un ruolo di rilievo nelle lotte tra papato e impero. Da un lato l’abbazia, rimasta a lungo sotto la protezione imperiale, dall’altro la diocesi suburbicaria, sottoposta direttamente al papato, svolsero in questa regione un compito equilibratore tra i due poteri. Fin quando, venuto meno il potere imperiale, il papato riuscì a riottenere il controllo diretto di numerosi castelli riorganizzando le strutture religiose e politiche. Nel 1495, Alessandro VI decideva il trasferimento della sede cattedrale dall’antica chiesa di Vescovio alla collegiata di S. Liberatore a Magliano. Si trattava di una scelta obbligata, dettata dall’abbandono in cui versava Vescovio. Con il trascorrere dei secoli alcuni tra i luoghi più vicini all’Urbe passarono alla diocesi romana; nel Settecento i vescovi potevano far conto su canoni e censi ormai ammontanti a poco più di 400 scudi annui. Nel Settecento si alternarono alla guida della diocesi importanti personalità come il card. Annibale Albani al quale si deve la pubblicazione di un sinodo che raccoglieva in appendice i testi di quelli precedenti rimasti sino ad allora in forma manoscritta, e il card. Andrea Maria Corsini, artefice di una Visita pastorale monumentale, unica ed estremamente accurata. Nel 1841 Gregorio XVI eresse la diocesi di Poggio Mirteto sopprimendo le abbazie nullius diocesis di Farfa e di S. Salvatore Maggiore. Alla nuova diocesi venivano assegnati il territorio di S. Salvatore con sette parrocchie, parte del territorio farfense e le zone medio-orientali della Sabina, nonché Torricella, sottratta alla diocesi di Rieti. A quel che restava della diocesi di Sabina andavano ad aggiungersi una porzione della signoria territoriale di Farfa e tre delle sue parrocchie. In seguito, nel 1925, Pio XI unì le due diocesi di Poggio Mirteto e Sabina sotto il titolo di diocesi suburbicaria di Sabina e Poggio Mirteto, mentre l’abbazia di S. Salvatore con il suo territorio passò a Rieti. Nel 1962, Giovanni XXIII stabilì la separazione delle funzioni del cardinale titolare da quelle del vescovo residenziale, che da allora governa la diocesi suburbicaria di Sabina-Poggio Mirteto.