Presentazione
In località “Macchia di S. Antonio”, alle pendici della montagna omonima, sono due antiche costruzioni, già destinate ad uso conventuale, ed in seguito adibite a case coloniche. Una di esse conserva ancora l’aspetto originario, con le piccole celle, il refettorio, la cucina, i magazzini ed una diruta cappella, sulla parete di fondo della quale è un affresco, molto rovinato (del XVI o XVII secolo) raffigurante s. Domenico, la Madonna, il Crocifisso, s. M. Maddalena, s. Antonio. La denominazione di Sant’Antonio abate compare anche nei pochissimi documenti d’archivio pervenutici, tuttavia non si sa né perché al complesso spetti il titolo di abbazia, né quando sia sorto, né a quale ordine monastico sia appartenuto. Si sa soltanto che passò ai Domenicani di S. Maria in Gradi di Viterbo intorno al 1486. Addossata al più grande dei due edifici (che dovette essere presumibilmente la casa madre dell’abbazia, oggi ostello scautistico), sorgeva una chiesa di origine medievale, da tempo sconsacrata e adibita a magazzino agricolo, ma che comunque, fino agli anni 60 del XX secolo conservava il tetto. Caduto il tetto, la pioggia e il vento hanno provocato il distacco dell’intonaco sul quale era l’affresco che è andato perduto.

